Thomas Hobbes

 FRATELLO GEMELLO DELLA PAURA


Assertore convinto dell'assolutismo regio, secondo cui al re, per diritto divino, spetta il potere assoluto. Hobbes vive in uno dei periodi più instabili della storia inglese. Viene partorito prematuramente dalla madre, a causa dello spavento provato alla notizia dell'arrivo dell'Incincibile Armata in Inghilterra. Assiste a fatti drammatici come loscontro tra il parlamento e il sovrano (la rivoluzione inglese) e nel 1640 abbandona l'Inghilterra per timore che
le sue idee filo-monarchiche potessero suscitare dure reazioni da parte dei sostenitori del parlamento.

Hobbes ha una visione pessimistica dell'essere umano: "Homo homini lupus", Plauto), lo descrive come un essere alla mercé del proprio interesse personale. L'intento di Hobbes sarà dimostrare come l'assolutismo politico sia una necessità logica e razionale, perché c'è bisogno di un "patto" tra il sovrano e gli individui affinché non ricadino nella condizione originaria conflittuale della vita sociale. 

LA PROSPETTIVA MATERIALISITICA

La dottrina di Hobbes è incentrata sulla convinzione secondo cui gli individui sono animati dall'egoismo e dal proprio interesse personale, in una condizione di perenne conflitto di tutti contro tutti. Guarda all'uomo come un essere interamente naturale e corporeo, quindi le sue funzioni fisiologiche e mentali devono essere spiegate in termini esclusivamente materiali. 

La sensazione nasce da un moto sollecitato dagli oggetti esterni negli organi di senso: a questo punto l'apparato percettivo dell'uomo reagisce producendo le immagini degli oggetti. La connessione  delle sensazioni generano l'immaginazione. L'attività del cervello, invece, opera sui segni linguistici, collegando tra loto i nomi attribuiti convenzionalmente alle immagini delle cose, per ottenere affermazioni, sillogismi o dimostrazioni. 

Il filosofo pensa che la scienza non rispecchi la realtà, ma sia soltanto un insieme di concetti convenzionali: la ragione non può elaborare che concetti individuali delle cose, senza mai raggiungere una sistematica descrizione dell'universo dotata di validità oggettiva. L'unica cosa che può conoscere scientificamente è la politica, in quanto costruzione totalmente umana. Ritiene il linguaggio la più straordinaria invenzione dell'uomo: grazie ad esso possiamo pensare ed esprimere il nostro pensiero. Ha due importanti funzioni:

  • designare le cose, in modo da poter essere ricordate e richiamate alla memoria;
  • far comprendere agli altri le cose che pensiamo e le connessioni stabilite fra esse.  

Le parole (anticamente chiamate 'signa', impronte, tracce) hanno il compito di indicare i concetti delle cose e le divide in due categorie: le parole individuali, che evocano nella mente una cosa sola (Giovanni,  questo...) e le parole universali, che invece ne richiamano molte (un albero, un uomo). Sono proprio le parole a consentire alla ragione umana  di operare quella generalizzazione necessaria alla costruzione dell'edificio della scienza e della conoscenza. 

Nel sistema di Hobbes  tutta l'attività mentale è ricondotta alla sensazione e al movimento, da cui derivano le immagini delle cose a cui sono attribuiti i nomi che vengono utilizzati e collegati nei ragionamenti. Anche l'anima non è che corpo: il corpo è l'unica realtà e il movimento l'unico principio di spiegazione dei fenomeni naturali. In questa prospettiva materialistica anche i concetti di bene e di male sono riconducibili alla corporeità: il bene (ciò che l'uomo desidera) favorisce la conservazione fisica dell'uomo, mentre il male (ciò che respinge) minaccia la sua sopravvivenza. 

Connesso al materialismo antropologico ed etico è il determinismo della volontà: si può parlare infatti solamente di 'libertà di fare ciò che la volontà ha deciso', e mai di 'libertà di volere'. La volontà non è libera, ma è intrinsecamente necessitata da motivi che dipendono da oggetti esterni all'uomo. L'uomo è sempre mosso da due stimoli necessari e naturali a cui la volontà umana non può sottrarsi: l'appetito e il timore.



LA TEORIA DELL'ASSOLUTISMO POLITICO

Hobbes afferma che gli individui, al contrario di ciò che credeva Aristotele, non possiedono un naturale istinto socievole  verso gli altri, essendo dominati da sentimenti quali il bisogno e il timore. Nella condizione originaria dello stato di natura, infatti, ogni persona mira a procurarsi ciò che serve alla propria sopravvivenza e autoconservazione. In tale contesto non esiste limitazione al diritto dell'individuo: ciascuno può possedere e godere di ciò che vuole, dunque è inevitabile la sopraffazione reciproca. Questa descrizione, sostiene Hobbes, è confermata dall'esperienza di tutti i giorni: quale dev'essere l'opinione che ognuno ha dell'altro, se si viaggia armati, si chiudono gli ingressi e non ci si fida neppure dei propri figli? La vita degli uomini è costellata di misure atte a difendersi: è un chiaro segno della predisposizione alla guerra che caratterizza la natura umana. Tale condizione, però, non rappresenta una realtà effettiva pienamente realizzata nella storia, altrimenti il genere umano si sarebbe estinto, ma bensì un'ipotesi teorica razionale su ciò che potrebbe verosimilmente accadere nella società umana se non ci fosse una forma di potere superiore a regolamentare i rapporti tra gli individui. 

Sostiene che colui che desidera continuare a vivere nello stato di natura si contraddice, perché pretenderebbe la morte e la vita al tempo stesso. La ragione naturale, cioè la capacità di prefigurare le conseguenze degli eventi in atto e provvedere alle necessità della vita, nasce il bisogno di dare origine alla società civile: frutto di un compromesso tra gli individui che prevede la rinuncia del diritto naturale per garantire la pace. A tal fine la regione suggerisce una serie di massime, leggi naturali:
  1. la ricerca della pace;
  2. ogni uomo deve accontentarsi di avere tanta libertà rispetto agli altri quando è concessa agli altri rispetto a lui, a condizione che tutti lo facciano;
  3. attraverso un compromesso che vincola i contraenti ora è possibile uscire dallo stato di natura.
Da queste massime derivano altre leggi, come la giustizia e l'uguaglianza.

È opportuno che gli uomini sacrifichino i propri diritti  naturali e costituiscano una società politica e civile e stabiliscano un patto di unione. Esso, però, non è ancora sufficiente, poiché la convergenza di molte volontà verso un solo scopo non basta per garantire una situazione sicura e stabile. Tra gli uomini, al contrario degli animali, il bene individuale contrasta con il benessere comune. È quindi necessario un patto di sottomissione, grazie a cui gli uomini conferiscono tutto il proprio diritto e la propria forza a un singolo o ad un'assemblea, in grado di ridurre i diversi voleri a una sola volontà. 

Hobbes ritiene che la 'persona' giuridica del sovrano possa essere rappresentata da un solo un uomo - monarchia-, da un gruppo di uomini - aristocrazia - o da un'assemblea -democrazia -, e ulteriori forme di governo non sono contemplate. La sua preferenza è per la monarchia, perché:
  1. Non c'è motivo di credere che il re agisca per il proprio interesse privato a scapito di quello pubblico;
  2. il re può prendere le sue decisioni in totale segretezza, per evitare fughe di notizie;
  3. il monarca è unico e non può dissentire da se stesso spinto da invidia o interesse.
Il potere del sovrano non ha mai termine e costringe all'obbedienza delle norme, neutre lui stesso non è tenuto a rispettare: non ha personalmente aderito a nessun patto e non ha abbandonato lo stato di natura, quindi deve rispondere solo alla propria ragione individuale. Esso è la legge, dunque è l'unico a cui compete la valutazione del giusto e dell'ingiusto, del bene e del male. Hobbes, però, ammette dei limiti al potere dello Stato, in particolare quando i suoi ordini mettono in pericolo la vita dei sudditi: essi hanno sottoscritto un patto e si sono sottomessi al re per preservare e proteggere la propria incolumità, quindi deve ritenersi libero di agire come meglio crede. È diverso il caso in cui un suddito è tenuto ad andare in guerra, perché si tratta di difendere la propria patria e conservare la pace. 

Il filosofo vedeva una grave minaccia per l'unità e la forza dello Stato sia nella Chiesa anglicana sia in quella cattolica, in quanto considerava le religioni una delle fonti principali della sedizione e delle guerre civili. Polemizza contro la pretesa delle religioni di detenere il potere temporale, mascherando lo scopo di assoggettare gli uomini e prevaricare il potere legittimo detto Stato con la ricerca del bene spirituale delle anime. Anche i cristiani, secondo Hobbes, devono rispettare la legislazione dello Stato, perché esso nasce per garantire quelle norme naturali che coincidono con le stesse leggi di Dio. Il re esercita il suo ufficio direttamente per diritto divino. 

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